City Information Service | Direttore responsabile Piero Pianigiani

Martedì 10 Gennaio 2012 19:51

Il parere - L’Eurostat fa un favore a Passera In primo piano

(Eticanews.it) - Roma - Talvolta, la coincidenza temporale delle notizie spinge a riflettere e aiuta vedere aspetti altrimenti destinati a restare sconosciuti. Questo fine settimana hanno viaggiato appaiate per qualche ora la notizia di un'accelerazione, da parte del governo guidato da Mario Monti, del processo di liberalizzazione delle professioni. E quella della propensione tipicamente italiana – o più italiana che europea – a ricercare lavoro tramite i legami familiari. Ebbene, la speranza è quella di sbagliarsi. Ma il maggiore ostacolo alla realizzazione della prima notizia – l'effettiva riuscita del piano di liberalizzazioni annunciato dal ministro per lo Sviluppo Corrado Passera – sta proprio nella seconda notizia.

I molteplici e decennali tentativi di scardinare le corporazioni – arroccate su un ordinamento ordinistico come i farmacisti, o semplicemente sulla difesa di vantaggi di posizione, come i taxisti – hanno fino a oggi miseramente fallito. E, si ricordi con attenzione, i tentativi non sono certo stati introdotti dalle famose lenzuolate dell'allora ministro Pierluigi Bersani, nel 2006. I tentativi di riforma partono addirittura nel 1982, col ministro di Grazia e giustizia Dc Clelio Darida e poi con la commissione Perticone; riemergono nel 1996-97 con la bozza Mirone; tornano agli inizi del 2000 con l'impegno di Michele Vietti; subiscono poi le bordate di Monti da Bruxelles e di Giuliano Amato dall'Antitrust. Eppure, per chiamare un taxi a Milano se piove ed è una mattina (o una sera) di festa, rischi di restare appiedato. Ebbene, dove sta l'invincibilità delle lobby che si oppongono alle liberalizzazioni? O meglio, che a parole le proclamano, poi le ostacolano dalle piazze al parlamento (si veda la ricostruzione di Franco Stefanoni, nel libro "I veri intoccabili", edizioni Chiarelettere)? L'invincibilità è ovunque. L'invincibilità è l'Italia. Un Paese, spiega Roger Abravanel, in "Regole", che è tra i meno democratici al mondo in termini di eguaglianza sociale, non tanto per le differenze di reddito tra le classi. Quanto per la blindatura delle classi stesse. Per l'oggettiva impossibilità di salire i gradini. Tutti sempre e solo occupati dalla progenie del gradino stesso. Ebbene, se occorreva una vox populi, ecco i dati sul lavoro dell'Eurostat. Da cui emerge che in Italia la percentuale di persone che cercano un'occupazione attraverso i legami familiari (o comunque tramite conoscenze limitrofe) è del 76,9%, il doppio rispetto a Paesi come Germania (40%), Belgio (36,8%) e Finlandia (34,8%). Un Paese come l'Italia, dove la posizione professionale è interpretata come un patrimonio ereditario per due persone su tre, non ha dunque alcun interesse ad accettare una cosa che suona col sinistro nome di "liberalizzazione". Certo, questa è una forzatura del concetto: non è detto che chi cerca il passepartout familiare sia contento di farlo. Ma è rappresentativo della forza centripeta implicita del modello clientelare. La pubblicazione delle statistiche dell'Eurostat appare quindi una denuncia che giunge al momento opportuno. Per chi si appresta alla battaglia, è come un monito a chi applaudirà solo di facciata: guardate alle vostre coscienze! A proposito. Siamo andati a cercare la notizia sul sito dell'Eurostat. Non c'è nulla di pubblicato di recente sull'argomento. A ripensarci, e a voler ripensarci male, più che una coincidenza temporale, è una provvidenziale e strana coincidenza.


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