"E occorre difendere il lavoro. Affrontare e risolvere le crisi aziendali, impedire che un intero territorio diventi deserto di attività produttive: sono questi impegni politici nazionali di enorme rilievo, non le retrovie della politica che, diversamente, apparirebbe ripiegata su se stessa. Il lavoro è una prova di concretezza e di credibilità per le istituzioni perché si tratta del tema più importante per la maggioranza dei nostri concittadini. Il più importante anche per il futuro del Paese. Al centro della questione lavoro ci sono proprio i giovani, che il lavoro non trovano, che stanno pagando alla crisi un prezzo insostenibile, e che rischiano di subire, con l'esclusione di oggi, anche un'ipoteca negativa sulla loro dignità di domani. La generazione più istruita di tutte quelle precedenti è posta al margine, proprio dalla società e dal mercato che richiedono più conoscenze e più saperi.Non possiamo assistere inerti allo spreco di larga parte di una generazione. L'Italia non può permetterselo. Nel nostro Paese l'occupazione dei giovani è più bassa rispetto alla media europea, segno di difetti specifici e strutturali del nostro sistema. Ne sono una conseguenza anche i dati congiunturali, che segnalano benefici occupazionali per i cinquantenni - il che è positivo - ma non per i venticinquenni.L'Italia non può fare a meno del lavoro e dell'intelligenza della giovane generazione. Un Paese che escludesse i giovani, o li inserisse nel mondo del lavoro in modo precario e inadeguato, si condannerebbe da solo. Vanificherebbe risorse, limiterebbe la produttività e la carica innovativa, svilirebbe i talenti, paralizzerebbe il rinnovamento sociale che proprio i giovani possono promuovere. Un Paese che non riuscisse ad includere i giovani sarebbe un Paese fermo. Frenare o ritardare l'indipendenza economica dei giovani ha riflessi negativi sui loro percorsi personali, sui progetti di vita, sulla mobilità sociale, sul tessuto delle famiglie, persino sugli indici demografici. In una parola sull'Italia.Tanti, troppi giovani lasciano il nostro Paese per necessità e non per scelta. Siamo consapevoli che è una enorme ricchezza la mobilità dei giovani, il loro sentirsi cittadini italiani ed europei, la loro voglia di conoscere e costruire amicizie con coetanei di altri Paesi, utilizzando quello strumento straordinario che è la libera circolazione delle persone.Ma in questo scambio di umanità e di intelligenze, l'Italia non deve impoverirsi. Dare e ricevere, andare e tornare, aprire le nostre università, le nostre imprese e le nostre istituzioni per attrarre talenti mentre i nostri giovani studiano e lavorano in altri Paesi con successo: questo è il tessuto connettivo dell'Europa che vogliamo. L'Europa degli squilibri, quella che arricchisce qualcuno e indebolisce altri, è invece esattamente la condizione, aggravata negli ultimi anni, che siamo chiamati a superare. Se i giovani percepiscono l'Europa come irrilevante per la loro vita, vengono minate le sue stesse basi. Se invece l'Europa diventa utile alle nuove generazioni, allora avrà un futuro migliore, solido. Voglio ricordare, nel giorno della Festa del Lavoro, le nostre ragazze che, con i loro sorrisi e le loro speranze, sono morte in un incidente sulle strade della Catalogna. Partecipavano al programma Erasmus, che ha rappresentato e rappresenta per decine di migliaia di giovani un'occasione di studio, di conoscenza e di gioia, e oggi rappresenta anche l'opportunità per orientarsi nel mondo del lavoro. Sono i testimoni di una società che vuol essere protagonista e anticipare i cambiamenti, non subirli. Dalla loro energia, che continua, può nascere una nuova idea di cittadinanza che riesca a unire l'Europa.Insieme a loro rivolgo un pensiero, commosso, ad altri due giovani ricercatori, Valeria Solesin e Giulio Regeni. Le mani assassine che li hanno portati via agli affetti delle loro famiglie e dei loro amici sono diverse. Li voglio accomunare perché amavano ciò che stavano facendo, e pensavano che la serietà dello studio avrebbe aperto, per loro e per altri, la strada per un lavoro utile alla società. Puntare sulla scuola, sull'università, sulla ricerca è un modo per investire sui giovani e sul nostro futuro. Dobbiamo farlo sempre di più, in modo organico e coerente, puntando ad allargare le opportunità per tutti. La crisi, infatti, ha ampliato ulteriormente la forbice della diseguaglianza anche tra i giovani. Accrescere le opportunità e ridurre le diseguaglianze implica un'attenzione non episodica al lavoro delle donne. In questo ambito, l'Italia è pericolosamente indietro. Bisogna rimontare la china, perché il lavoro femminile è una delle carte migliori che abbiamo per accelerare lo sviluppo. A partire dalle giovani, l'occupazione femminile, nel nostro Paese, deve raggiungere livelli europei. Non è vero che il lavoro delle donne va a scapito della famiglia. E' vero il contrario, senza il lavoro delle donne non si formano famiglie di giovani. Bisogna unire politiche del lavoro, politiche di sostegno familiare, politiche di conciliazione tra cura della famiglia e lavoro. Molteplici sono i campi d'azione per attivare un nuovo sviluppo, equilibrato, sostenibile, duraturo. Alcune misure sono state adottate, su altre il confronto è avviato: non è mio compito entrare nel merito degli interventi al sistema previdenziale o del riordino del sistema fiscale. Mi limito ad osservare che tutto va orientato alla ripresa dell'occupazione. E' un tema che ci interpella a livello europeo: che sia sempre più urgente e necessario collocare il tema degli investimenti tra le priorità delle politiche comunitarie. Le imprese sono motori del mercato, e anch'esse sono chiamate, in prima linea, a investire in innovazione, a valorizzare le competenze e le professionalità qualificate, ad avere coraggio nelle iniziative, nel diventare più grandi e nel costruire reti di servizio e di ricerca. Sono fondamentali strumenti, anche finanziari, per favorire la crescita delle imprese, e in particolare di start up. Sono imprese agili, dinamiche, fondate spesso da giovani con particolare talento e creatività. Queste scelte coraggiose vanno sostenute. L'intervento pubblico deve riuscire ad azionare quelle leve, decisive per lo sviluppo, che resterebbero inutilizzate seguendo logiche di convenienza di breve periodo. L'azione pubblica deve assicurare sempre trasparenza, contrasto alla corruzione, legalità, efficienza della pubblica amministrazione, che sono vere e proprie condizioni di sistema. Allo stesso tempo - ha concluso il capo dello Stato - non dobbiamo rinunciare a innalzare i nostri standard, in particolare nella sicurezza sul lavoro. Sono inaccettabili le morti sul lavoro, quale che sia il loro numero: anche una soltanto è inaccettabile. Dobbiamo elevare i livelli di lotta allo sfruttamento, incluse le inammissibili forme di caporalato che oggi colpiscono spesso i lavoratori, italiani e immigrati. E il contrasto al lavoro nero. Sono piaghe da sradicare con impegno da parte di tutti, con strumenti adatti e un attento monitoraggio circa l'uso distorto di norme esistenti. Rivolgo un saluto cordiale ai lavoratori che sono riuniti a Genova, nella tradizionale manifestazione organizzata da Cgil, Cisl e Uil. Un saluto e un augurio a tutte le organizzazioni sindacali. Un augurio pieno di affetto alle migliaia di giovani che festosamente si troveranno a Roma, in piazza San Giovanni per il tradizionale concertone. Impegno, creatività, talento, voglia di stare insieme e di migliorare la società: abbiamo bisogno della carica di speranza dei giovani. La Festa del Lavoro vuole essere appunto questo: una festa del futuro. fonte com Quirinale