Alcuni giornali hanno addirittura commentato che l'Italia è un "paese in balia della corruzione"». «Non so se le cose stiano realmente così – ha proseguito il porporato –. Io sono convinto che in Italia ci siano persone perbene e talenti inespressi che meritano di essere valorizzati. Senza dubbio, però, questi dati non possono lasciarci indifferenti: ci riguardano come pastori, come credenti e come semplici cittadini. Ci riguardano tutti, insomma, e non possiamo far finta di credere che è sempre colpa di qualcun altro, che le responsabilità siano solo di qualche determinato attore sociale o, come è abitudine dire, della politica. Anzi, penso che sia sbagliato collegare il fenomeno della corruzione solo all'ambito politico. Temo, invece, che la vita politica rispecchi abbastanza fedelmente quella sociale». Quante volte chiudiamo un occhio, o meglio, ci laviamo le mani. «E allora non possiamo far finta di nulla – sostiene Bassetti –. Prima ancora della corruzione che emerge pubblicamente essa è una dimensione morale ed esistenziale che si colloca a livello personale e comunitario: è un virus che, come ha detto il Papa, infetta, prima di tutto, i nostri cuori e poi si propaga nella società. Quante volte, dobbiamo chiederci, scendiamo a compromessi per difendere i più miseri interessi particolari? Quante volte sul posto di lavoro, nelle riunioni di condominio, nelle scuole, nelle parrocchie e in mille luoghi chiudiamo un occhio, o meglio, ci laviamo le mani, davanti a quello che chiamiamo un male minore per ottenere qualcosa per la nostra vita? Ecco, da qui, si sviluppa il germe malato della corruzione. Un agente patogeno che nasce da un pervicace individualismo e da una sostanziale indifferenza verso il bene comune». La "banalità del male" si combatte nei comportamenti quotidiani attraverso la moralità pubblica. «Un'indifferenza pericolosa – sottolinea il cardinale – che mette in luce il lato più pericoloso del fenomeno corruttivo: la "banalità del male". Ovvero, un fenomeno così diffuso in ogni piega della società da sembrare banale, e perciò non degno della nostra attenzione e della nostra preoccupazione. In definitiva, anche se molte persone si stracciano le vesti davanti ai casi più eclatanti di corruzione, ciò che manca è la responsabilità personale e comunitaria dei propri gesti. Perché è soprattutto nei comportamenti quotidiani che si gioca la partita più importante: quella della moralità pubblica. Una moralità che non può essere imposta solo con la forza del diritto, ma che deve essere acquisita con la centralità di una cultura che per difendere la dignità umana di ogni persona deve ripetere: settimo, non rubare». fonte com