La morte prodotta dalle armi si combina tragicamente con la morte morale della disperazione quotidiana: ad Aleppo vivono migliaia di bambini "randagi", senza genitori, abbandonati da tutti e che muoiono per il freddo, la fame e l'assenza di cure. Qualche giorno dopo sono stato in Libano dove ho incontrato alcune famiglie irachene e siriane. Anche in quell'occasione si è stagliata davanti ai miei occhi la sofferenza innocente di un'infanzia violata e negata dall'avidità dei potenti». La tragedia degli uomini che si dividono in nome del potere. «Quando si guarda un bimbo di tre anni che ha delle occhiaie nere incavate come un vecchio moribondo e che non è più capace di un sorriso – commenta il cardinale –, si ha la sensazione di guardare l'abisso funereo della tragedia umana: la tragedia degli uomini che si dividono in nome del potere, che combattono delle guerre fratricide e che distruggono ogni forma di umanità». La croce, l'albero della nostra salvezza, la Pasqua del Signore crocifisso. «Questa tragedia è la sofferenza degli uomini sulla croce – conclude il porporato –. Ma proprio quella croce, quel segno di infamia e di dolore, è ormai diventata la croce gloriosa con il sacrificio di Gesù. Nonostante tutte le sofferenze, la croce è il segno dell'amore infinito di Dio per gli uomini, è l'albero della nostra salvezza, come scrivevano i padri della Chiesa, è la Pasqua del Signore crocifisso e morto per noi, del Signore risorto. È un tempo di festa e di speranza perché, come scriveva don Primo Mazzolari, "finalmente usciamo incontro alla primavera" e "incontro alla vita che è Cristo"». R. L. /