In particolare i militari dell'U.Ge.C.O. eseguono, sin dalla costituzione del "Gruppo di lavoro" in seno alla Procura Generale di Perugia, un minuzioso screening delle sentenze (passate in giudicato) emesse dalla Corte d'appello di Perugia e verificano se i condannati abbiano acquisito beni patrimoniali di cui non possono giustificare la provenienza e/o di valore sproporzionato rispetto al proprio reddito, come prescrive la norma in questione. Nel caso in esame gli accertamenti di natura patrimoniale hanno fatto emergere che il condannato - negli anni riferibili ai fatti-reato di cui la sentenza di condanna - ha movimentato sui propri conti correnti circa 450 mila euro, utilizzati anche per l'acquisto di un immobile del valore di oltre euro 300.000,00, a fronte di un reddito dichiarato da lavoro dipendente che oscillava tra i 10 e i 15mila euro annui. Lo scompenso tra il valore dei beni entrati nella disponibilità del condannato e il reddito dichiarato ha permesso di documentare il requisito della sproporzione fondamentale per l'applicazione dell'articolo 240 bis, cp. In base agli elementi raccolti di natura economico patrimoniale la Sezione Penale della Corte di Appello di Perugia - condividendo totalmente l'impianto accusatorio della Procura Generale - ha disposto il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca dell'intero patrimonio immobiliare, costituito da una villetta che l'uomo aveva acquistato nella provincia di Ancona, con proventi che si ritengono illecitamente accumulati grazie al traffico di sostanze stupefacenti. A carico del condannato vi è ora l'onere di dimostrare la legittima provenienza dell'origine della accumulazione patrimoniale, diversamente i beni verranno assegnati all'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata per il loro reimpiego in finalità istituzionali e di utilità sociale. abstract fonte com