(CIS) – Perugia feb. – Sono agli arresti domiciliari imprenditori esercenti l'attività di commercio di prodotti petroliferi per autotrazione, resisi responsabili di una serie di illeciti tributari, nonché del reato di autoriciclaggio dei proventi derivanti dall'evasione fiscale. La Guardia di Finanza (NPEF) per delega della Procura (inchiesta del procuratore Raffaele Cantone) hanno dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione delle misura cautelare (arresti domiciliari) e al sequestro preventivo di beni. Il contesto trae origine dalle indagini che i finanzieri stavano conducendo nei riguardi di un sodalizio, operante con analoghe modalità criminali nel medesimo settore e con diramazioni sull'intero territorio nazionale e all'estero, e che, nei giorni scorsi, - spiega una nota - ha portato all'esecuzione di arresti e sequestri per oltre 8 milioni di euro. Gli elementi indiziari tratti dalla preliminare analisi della documentazione contabile e bancaria acquisita in tale sede e le evidenti incongruenze di natura fiscale rilevate dall'interrogazione delle banche dati, hanno consentito l'avvio di un autonomo filone investigativo che ha disvelato l'esistenza di uno strutturato meccanismo di frode "carosello". In particolare, l'attenzione degli inquirenti si è incentrata su forniture di carburante effettuate, a partire dal 2017, da due società, una tunisina ed un'altra con sede nelle Isole Seychelles, entrambe segnalate da varie Unità di Informazione Finanziaria (Financial Intelligence Unit) estere per comportamenti sospetti sotto il profilo del possibile riciclaggio dei proventi del contrabbando di petrolio. segue
Il combustibile, stoccato in un deposito costiero della città spagnola di Cartagena - continua la nota - , veniva acquistato "cartolarmente" da una società italiana con sede a Roma, rivelatasi un vero e proprio missing trader, privo di una benché minima struttura organizzativa e patrimoniale, e successivamente, ceduto ad una società "filtro" (buffer) localizzata in provincia di Perugia, che, a sua volta, lo rivendeva ad altre società fittiziamente interposte, prima di giungere – sempre "cartolarmente" – al destinatario finale che alimentava una rete di distributori senza logo (le cosiddette "pompe bianche") le quali, proprio lucrando sull'I.V.A. sottratta all'Erario, praticavano prezzi "scontati". abstract fonte com