Venerdì 10 Dicembre 2021 16:14

Studio di LabDia su Blu Egizio utilizzato da Raffaello nel 1521

(CIS) – Perugia, dic. - L'identificazione del blu egizio è avvenuta durante la campagna di indagini effettuata dal LabDia in collaborazione con ENEA, IRET-CNR e XGLAB-Bruker ed ha portato alla scoperta nel 2020 dell'utilizzo da parte di Raffaello nel 1521, del primo blu artificiale della storia dell'arte, il primo pigmento in assoluto di origine non naturale, la cui preparazione sembra collocarsi intorno al 3100 a.C e che risulta costituito da un silicato misto di calce e rame. Saranno mostrati i risultati della campagna di analisi non invasive condotte sull'affresco intitolato "Trionfo di Galatea", dipinto da Raffaello nella Sala di Galatea a Villa Farnesina a Roma, sede dell'Accademia Nazionale dei Lincei. L'uso del blu egizio è stato individuato in tutto il cielo, il mare e persino negli occhi di Galatea. L'ampio uso fattone da Raffaello indica la precisa volontà dell'artista di ricorrere ai materiali pittorici dell'antichità, per ritrarre un soggetto mitologico. La passione di Raffaello per l'antico, nota solo attraverso testimonianze documentali, si concretizza nei materiali che egli stesso decide di ricreare, primo fra tutti il blu egizio di cui Vitruvio, nel suo trattato De Architectura, riporta gli ingredienti e il procedimento di preparazione. L'Accademia ha coinvolto il Laboratorio di Diagnostica (LabDia) di Spoleto, in considerazione della decennale esperienza dei suoi tecnici e della disponibilità delle più aggiornate strumentazioni diagnostiche portatili e non invasive, in occasione della mostra per il V centenario dalla morte di Raffaello, che si è tenuta a Villa Farnesina tra ottobre 2020 e gennaio 2021. segue

 

L'attività di studio a cui hanno partecipato Michela Azzarelli e Manuela Vagnini per il LabDia, Claudio Seccaroni (ENEA), Chiara Anselmi (IRET-CNR), Roberto Alberti, Tommaso Frizzi (XGLab-Bruker), è stata coordinata dal Prof. Antonio Sgamellotti, socio dei Lincei e Professore emerito di Chimica Inorganica dell'Università degli Studi di Perugia. L'esperienza della Farnesina sarà dunque messa a confronto con un'altra, solo apparentemente lontana, ovvero lo studio effettuato su strumenti musicali antichi come i violini del maestro liutaio Antonio Stradivari. Ciò sta a dimostrare come la diagnostica può essere un importante ausilio sia per gli aspetti conoscitivi che conservativi o ai fini del restauro anche di un manufatto così diverso. L'incontro di Perugia sarà l'occasione per evidenziare l'importanza della diagnostica applicata alle opere d'arte di ogni tipologia materica come legno, pietra, metalli. Analizzando il loro degrado essa può infatti fornire indicazioni sulla composizione dei materiali utilizzati, sulla tecnica di esecuzione dell'opera, su precedenti interventi di restauro, su possibili mutamenti legati alla destinazione d'uso. Può confermare informazioni fornite da fonti diverse – archeologiche, epigrafiche, archivistiche, storiche o scientifiche - non solo legate allo stato di conservazione, ma anche relative alla loro storia, alle trasformazioni subite nel tempo, alla datazione e all'autore. Uno strumento dunque indispensabile per chi opera nell'arte per approfondire la conoscenza di un qualsiasi manufatto. Fonte com abstract

Articoli collegati (da tag)

Vai Su

Questo sito utilizza i cookies per migliore la tua esperienza di navigazione. I Cookies utilizzati sono limitati alle operazioni essenziali del sito. To find out more about the cookies we use and how to delete them, see our privacy policy.

I accept cookies from this site.

EU Cookie Directive Module Information